PERCHÉ NON LASCIARCI LA LIBERTÀ DI FARCI MALE?
Una delle poche leggi buone del governo Berlusconi è quella che prevede la patente a punti. Se uno viene beccato mentre parla al telefono, perde punti; se manca di allacciarsi la cintura, altri punti. Insomma, per ogni nostro comportamento al volante, è prevista la sottrazione di punti sulla patente, fino alla possibilità che se ne rimanga senza. Fin qui tutto bene. E non si dica che il governo interviene su tutto e fra poco metterà il naso perfino tra le lenzuola di casa. Se uno si rompe la testa, non avendo usato il casco, o muore come Diana Spencer, essendosi dimenticata d’indossare la cintura, non fa solo una scelta di libertà. Lo sanno bene l’INPS e il Sistema Sanitario Nazionale quanto ci costa l’imprudenza degli uomini “liberi” di fare o farsi male.
Approvo quasi tutto di questa legge, elaborata, peraltro, da un bravo ingegnere, che ha avuto l’intelligenza, e lo ha dichiarato con candore, di averla scopiazzata su internet, dal codice stradale di altre nazioni. E non scandalizziamoci se, una volta tanto, copiamo in senso positivo, visto che solitamente prendiamo dagli altri le cose negative.
C’è, però, qualche punto che non mi convince. Voi immaginate un poveretto, stanco di girare per le vie della città alla ricerca di un posteggio e, non trovatolo, si ferma dove capita, anche a rischio di beccarsi una multa; oppure un giovinastro che passa col rosso; e tutti quelli che cercano d’investire chiunque s’azzardi a passare sulle strisce pedonali. Pensate veramente essi abbiano un limite di conoscenza del codice della strada e non piuttosto, al massimo, un eccesso di maleducazione?
Allora, perché frequentare un corso per recuperare i punti perduti? Non sarebbe stato meglio assegnare la possibilità di recupero a mesi o qualche anno di buona condotta di guida, senza costringere il povero cittadino a spendere soldi per corsi fasulli di cui si avvantaggerebbero solo i gestori delle autoscuole?
Su questo, ancora una volta, ci siamo dimostrati mediocri imitatori, cadendo vittime non della strada, ma della solita burocrazia all’italiana.